La bella notizia dell’apertura straordinaria del desiato e “ritrovato” sacello delle reliquie di Sant’Agata, chiuse in preziosi reliquiari antropomorfi, inserita nel programma ufficiale dei festeggiamenti agatini e diffusa ampiamente dai media, in preparazione alla grande festa patronale principale della città e dell’arcidiocesi metropolitana di Catania, è stata ben compresa e memorizzata dai cittadini catanesi, il grande e fedele popolo di Sant’Agata che tramanda da padre in figlio l’amore verso la martire Verginella, e da non pochi turisti stupiti ed ammirati.
Così fin dal mattino di sabato 14 gennaio tanti devoti -con indescrivibile commozione ma anche con estrema semplicità e con spirituale appagamento- hanno partecipato, nella cappella di Sant’Agata della basilica Cattedrale, alla celebrazione della s. messa votiva in onore della santa Patrona concittadina.
Al termine si è subito formata una composta, silenziosa, disciplinata e ordinata fila di fedeli -per vocazione e definizione “tutti devoti” dalla nascita e per diritto di cittadinanza- per potersi “affacciare” alla porta d’ingresso del sacello all’interno della cappella, detta una volta “del tesoro” con riferimento al contenuto -il sacro deposito delle venerate reliquie- e al contenente -il piccolo locale, già passaggio interabsidale, artisticamente decorato e completato nel 1495 per voto testamentario di donna Maria d’Avila, vedova del viceré Ferdinando de Acuna y Viney raffigurato nel monumento funebre (1495) di fronte l’ingresso del sacello- ed ammirare brevemente e con malcelata commozione la celebre “cameretta” nella cui parete destra, in due nicchie separate, si custodiscono gelosamente il trecentesco e veneratissimo semibusto reliquiario processionale avignonese-limosino dell’orafo senese Giovanni di Bartolo e il prezioso scrigno (reliquiario a cassa) quattrocentesco, l’artistica arca delle reliquie della protomartire opera di Vincenzo Archifel e di altri argentieri catanesi, segno assai visibile che l’arte, soprattutto se radicata nel profondo sentimento religioso di una città, è segno d’eternità.
Il perfetto servizio d’ordine, assicurato all’interno e all’esterno della basilica dalle ore 7.30 alle ore 17, e la gioiosa accoglienza dei numerosissimi visitatori -un vero record di presenze- da parte del clero parrocchiale e canonicale della Cattedrale, guidato dal parroco e delegato arcivescovile mons. Barbaro Scionti, con la partecipazione del vicario episcopale per la Cultura mons. prof. Gaetano Zito, prestigioso docente di storia della Chiesa, è stato assai facilitato dall’esemplare comportamento dei cittadini agatini che, pazientemente, hanno atteso più di un’ora in coda per potere vedere “il palladio” inviolabile della città di Agata, il luogo più caro e più venerato dai catanesi, da circa 6 anni tornato all’antico splendore grazie ad accurati lavori di restauro e di tutela conservativa eseguiti nel 2010-2011 e che rivestono un grande significato culturale ed artistico per la storia dell’arte figurativa a Catania, anteriore al Cinquecento.
La stanzetta, una “cappellina” nella cappella di S. Agata, che -protetta da una pesante porta di metallo preceduta da un pregevole cancelletto in ferro battuto dorato- custodisce il prezioso “tesoro” agatino, fu ricavata a fine del sec. XV nel massiccio e poderoso collegamento tra le absidi normanne, centrale e di destra, della chiesa munita benedettina, tra il presbiterio del cappellone centrale (“santuario” del tempio) e la cappella di Sant’Agata, alla cui sinistra si trova il noto e finora poco raggiungibile ingresso del “sacro recinto”, tanto amato ma tanto sconosciuto dalla stragrande maggioranza dei devoti, i quali però non fanno mancare mai fiori e ceri.
Finalmente è arrivato il giorno per conoscere bene il sacello -veramente un unicum della storia dell’arte sul piano agiografico-ecclesiale- ed apprendere il valore e il significato storico e teologico del sito più significativo nella storia del millenario culto agatino, per fortuna scampato ai rovinosi terremoti che hanno devastato la città e ai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale.
In tal modo i catanesi oltre a soddisfare una legittima e atavica curiosità circa la conoscenza diretta de visu dell’inestimabile sacrario agatino, soprattutto se la visita al sacello “ad corpus” sarà ripetuta nei prossimi anni, potranno iniziare a comprendere il significato iconografico della cameretta che presenta figurativamente temi di natura biblico-agiografica per quanto riguarda le pitture murali parietali a tempera, che costituiscono l’apparato decorativo [a sinistra Santa Lucia con la madre, la beata Eutikia, al sepolcro di Sant’Agata; i due soldati imperiali bizantini della Traslazione, Goselmo e Gisliberto; l’arrivo a Catania delle reliquie di Sant’Agata. In alto a destra l’apostolo San Pietro. In fondo al centro (parete frontale all’ingresso) la Pietà ossia la Deposizione di Cristo in grembo alla Madre con la Croce e i simboli della Passione, su fondo blu. Davide che suona la viola, ecc.] l’auro splendore della volta, la porta d’argento a doppio battente che chiude il piccolo vano-nicchia entro cui viene custodito il reliquiario a busto di Sant’Agata, il prezioso portale d”entrata.
Si tratta veramente di un tesoro di casa nostra quasi nascosto ed ignorato, nonostante la sacra destinazione. La mitica e storica “cameretta” delle reliquie della Santa Patrona, il “palladio cristiano” della Città agatea, si è presentata ai cittadini aperta e splendida in tutto il suo riscoperto fulgore artistico e devozionale. Catania ha vissuto un significativo evento ecclesiale e civico -è venuto anche il sindaco avv. Enzo Bianco a congratularsi con i promotori e gli organizzatori per la bella iniziativa offerta ai concittadini di visitare un luogo tanto caro ai catanesi di tutte le generazioni- che segna un’altra pagina di storia della città che ha avuto sempre con S. Agata un rapporto indissolubile di gratitudine e di venerazione. Era pure presente il dott. Francesco Marano, presidente del Comitato per la festa di Sant’Agata, che rappresenta l’autorità municipale che conserva parte delle chiavi del sacello, in sinergia con il delegato arcivescovile della Cattedrale, mons. Barbaro Scionti, che conserva l’altra parte delle chiavi a nome e per conto dell’arcivescovo metropolita, mons. Salvatore Gristina, e gestisce le diverse fasi della festa religiosa che gli competono.
I cittadini, profondamente emozionati e in paziente attesa di poter vedere da vicino l’interno del sacello, hanno potuto ammirare su uno schermo gigante le immagini più significative dei reliquiari e delle opere d’arte contenute all’interno e all’esterno della cameretta. Avvolto dal mistero leggendario delle sette porte e dei sette cancelli, del fiume Amenano, il sacello è meta giornaliera dei devoti concittadini che invocano, dietro la grande cancellata d’ingresso alla cappella di Sant’Agata, il potente patrocinio della loro santa vergine e martire.
La stragrande maggioranza dei cittadini, per la prima volta nella vita, ha potuto ammirare, pregando silenziosamente e chiedendo l’intercessione della santa Patrona, il sacro luogo di culto dove si custodiscono gelosamente i preziosi reliquiari dei sacri resti del martoriato corpo dell’amatissima verginella martire concittadina, sorella e madre per tutti.
Antonino Blandini