Il Teatro Vitaliano Brancati di Catania ha inaugurato la stagione di prosa 2016-2017 con la commedia in tre atti del grande autore siciliano Nino Martoglio, “Il Marchese di Ruvolito”, classico della tradizione teatrale, andato in scena per la prima volta al “Teatro Nazionale” di Roma il 23 dicembre 1920 con la Compagnia Angelo Musco. La pièce ruota attorno alla figura del marchese di Ruvolito, aristocratico e pluriblasonato ridotto senza più un soldo e con la sua lussuosa dimora pignorata, costretto a fare i conti con la nuova società di affaristi e arricchiti e che per campare vende stemmi araldici agli arrampicatori sociali. E’ uno di quei nobili, però, dal cuore d’oro, perché si dimostra incapace di vedere soffrire per amore una danarosa ragazza per un giovane, ben posizionato, ma senza titoli. Chiaro che un genitore desideri vedere la figlia ben sistemata, specie se ad impalmarla può essere un autentico barone e allora che t’inventa il marchese? In una girandola di varia umanità – che evidenzia l’occhio sarcastico di Martoglio – il marchese di Ruvolito adotta il povero ragazzo trasformandolo nel Marchese di Gebbiagrande e così, come nelle favole, lascia tutti contenti, compreso il pubblico che forse una volta s’inteneriva fino alle lacrime per una conclusione del genere, ma che oggi accetta invece lo spettacolo come documento di un’epoca che non tornerà più.

Il protagonista Tuccio Musumeci (Ph. Dino Stornello)
Nel ruolo del protagonista, come sempre misurato e divertente al momento giusto, troviamo Tuccio Musumeci, esemplare nei panni dello spiantato marchese che ha reso credibile in tutta la sua aristocrazia ed umanità, specie quando ha perorato in favore dei giovani innamorati e fatto valere i suoi principi morali verso coloro che gli si rivolgevano per comprare la rispettabilità di un blasone.
Nel primo atto l’autore fa una passerella di questa nuova gente, arricchita per intrallazzi e si serve per la sfilata, della casa dell’affarista e dispensatore di tangenti, un certo don Jabicu Timurata, cui Riccardo Maria Tarci ha dato, con buon impegno attorale, fisico e volto di abile faccendiere. L’autore presenta così i tipi della commedia, in una gara di loschi affari cui partecipano gli smargiassi e profittatori Mangialardo, il capostazione e l’arrivista Tanu Conti (interpretati brillantemente e rispettivamente da Enrico Manna, Savì Manna e Fabio Costanzo).
Ma quelle che brillano, che hanno il ruolo di autentiche protagoniste per immodestia e per rivaleggiare tra loro “arripuddute” (“arricchite, che sono passate dalla povertà alla ricchezza in tempi molto brevi”), sono la padrona di casa, la spocchiosa Donna Prazzita (arricchitasi con l’olio ed il formaggio) con l’inesauribile smania del titolo nobiliare (resa in modo divertente ed impeccabile da Rossana Bonafede) e la “nervosetta” e vociante Donna ‘Nzula, anche lei arricchita (con i soldi fatti col sapone e la potassa) interpretata da una convincente Maria Rita Sgarlato. Entrambe, colorate, ancheggianti ed estrose, esprimono efficacemente la loro estrazione sociale, il loro status di arricchite con la smania dell’apparire e dell’esagerare.

Ancora Tuccio Musumeci in “Il Marchese di Ruvolito” (Ph. Dino Stornello)
La parte mielata della vicenda, ovvero dei due ragazzi innamorati – lei la ricca ‘Mmaculata, figlia di donna Prazzita, lui il borghese, ma senza titolo Adolfo – è stata appannaggio di Roberta Andronico e Giovanni Strano (l’eterno fidanzatino perbene ed intelligente di ogni commedia martogliana). Tra i due si è imposto, come pretendente alla mano della ragazza, il baronello Mezzomondello (reso con avidità e alterigia da Claudio Musumeci), interessato più al denaro che alla felicità.
Turi Giordano e Maria Rita Sgarlato, che hanno interpretato i genitori del giovane Adolfo (Don Neddu Grisi e Donna ‘Nzula) sono stati esilaranti, soprattutto nel secondo atto, perché hanno spinto al massimo il pedale del loro umorismo, contro la fame del marchese, guadagnandosi la simpatia e gli applausi del pubblico. Nel ruolo del barone di Mezzomondello, borioso aristocratico in bolletta, Antonio Castro ha basato la sua interpretazione sulla superbia e sul decoro della baronia.
Hanno completato il numeroso cast Donatella Liotta (la prosperosa e simpatica signora Mangialardo), Raniela Ragonese (Marianna, l’altruista governante del marchese), Marina Puglisi e Luigi Nicotra (la cameriera ed il servitore di casa Timurata).

Nella foto di Dino Stornello l’intera compagnia dello spettacolo
Per circa due ore lo spettatore si gode, al “Brancati”, uno spettacolo con ben 16 attori, con le decorose scene di Susanna Messina che ricostruiscono l’interno dei palazzi patronali d’epoca, gli eleganti abiti delle Sorelle Rinaldi e con un racconto scenico, nei tre scorrevoli atti, ben curato dalla regia di Giuseppe Romani, con i movimenti coreografici di Silvana Lo Giudice, il disegno luci di Sergio Noè e le piacevoli musiche di Pippo Russo.
Alla fine per la divertente commedia e per l’intero cast – produzione Teatro della Città – gli applausi di un pubblico divertito.
“Il Marchese di Ruvolito”, in scena sino al prossimo 6 Novembre, ha inaugurato la nuova stagione del Teatro Vitaliano Brancati, un cartellone che dà voce agli autori contemporanei, ma non dimentica i testi della tradizione. Prossimo lavoro, dal 17 Novembre, “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare.