Un testo profondo, carico di significati, una messa in scena agile e di grande valenza che ha già riscosso notevoli consensi in campo nazionale, grazie a due interpreti di assoluto valore che tengono per circa sessanta minuti il pubblico inchiodato alla poltrona, divertendolo, incuriosendolo con una storia che alla fine lascia l’amaro in bocca portandoti a riflettere sulle vanità umane, sulla prevalenza dell’apparire nella nostra società. E’ in replica sino al 31 Marzo al Piccolo Teatro della Città di Catania, l’atto unico, folgorante, di Emma Dante, “La scortecata”, produzione Teatro Biondo di Palermo/Festival di Spoleto 60, in collaborazione con Atto Unico/Compagnia Sud Costa Occidentale, con la straordinaria interpretazione di Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, protagonisti di una performance completa, surreale, supportata da una regia impeccabile, da un linguaggio napoletano tutto da scoprire o riscoprire e da un tappeto sonoro di grande suggestione.

I due protagonisti in scena
Partendo dal racconto, contenuto nella raccolta “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, l’eclettica regista palermitana Emma Dante, che firma anche gli elementi scenici ed i costumi (le luci sono di Cristian Zucaro), costruisce una favola moderna in cui mantiene il dialetto napoletano del testo, cambiando l’obiettivo e la conclusione.
Al centro del palcoscenico, nudo e nero, la miniatura di un castello, una porta appoggiata a terra, due piccole sedie (seggiulelle) pieghevoli di legno e una borsa, un baule coperto da un lenzuolo bianco sul fondo e poi i due brillantissimi interpreti napoletani, Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola che vestono i panni delle due vecchie protagoniste del racconto, Rusinella e Carolina e del re. La pièce narra la storia di un re che s’innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, gabbato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, la butta giù dalla finestra, ma la vecchia non muore e resta appesa a un albero. Passa allora una fata che le fa un incantesimo, con un colpo di bacchetta la fa diventare una fanciulla dai bellissimi capelli rosso fuoco e il re se la prende per moglie.

Nella foto Carmine Maringola
I due scatenati interpreti drammatizzano la fiaba incarnando le due vecchie e il re e con un azzeccato gioco di luci, pochi oggetti, il loro continuo e plastico movimento, con la rivisitazione di vecchi brani musicali (“Reginella”, Mambo italiano” ecc.) creano la suggestione, evocano il sogno. Rusinella e Carolina, sole e brutte, si sopportano a fatica, si insultano, ma alla fine non possono vivere l’una senza l’altra. E per trascorrere il tempo nella loro miseria inscenano la favola con umorismo e volgarità, ma nel finale invece del classico “e vissero felici e contenti…”, la più giovane delle due, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova.
La prima parte dello spettacolo vede le due rattrappite sorelle (agghindate con una retina in testa, con sottane color carne da mercatino dell’usato e cinte da larghe mutande e da lunghe calze trasparenti d’identico colore arrotolate sopra le ginocchia) intente nel frenetico tentativo di levigazione del dito mignolo. Lo scopo è quello di scortecare il dito raggrinzito dalla vecchiaia, per soddisfare il re, innamorato della voce di Rusinella e desideroso di toccare, attraverso la serratura della porta, almeno un dito di quella che lui crede una giovanissima fanciulla. Lo scorticamento iniziale del dito mignolo – pratica che suscita le risate dello spettatore – si contrappone e rimanda al surreale, tragico finale dello scuoiamento, in un gioco di specchi e rimandi, dove spicca, minaccioso e luccicante, un coltellaccio per eliminare la pelle vecchia.

Nella foto Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola in scena
Le due sorelle, brutte e povere, consapevoli di un destino beffardo, sono contemporaneamente protagoniste e vittime e la pièce è altamente interessante in quanto riesce a cambiare registro, rivelandondosi umoristica e tragicamente noir. La favola finisce, quindi, con una immagine violenta, cruenta e con una morale semplice, valida in tutte le epoche – ieri come oggi – e rivolta soprattutto a quelle donne che vogliono apparire seducenti e belle ad ogni costo, anche a rischio di non essere più riconoscibili a loro stesse ed al mondo che le circonda, in nome dell’apparire.
Sulla scena risate amare, movimenti plastici, luci e colori ammalianti per una feroce metafora di una civiltà dell’immagine, del dover essere belli per forza e che porta ad ogni forma di sacrificio in nome di una illusione, di una vanità di forme e apparenze. Alla fine calorosi e numerosi applausi del pubblico incantato dalla proposta e dalla bravura in scena dei due protagonisti.
SchedaLa Scortecata
Liberamente tratto da “Lo cunto de li cunti”
di Giambattista Basile
Testo e regia Emma Dante
con Salvatore D’Onofrio, Carmine Maringola
elementi scenici e costumi Emma Dante
Luci Cristian Zucaro
Assistente di produzione Daniela Gusmano
Assistente alla regia Manuel Capraro
Produzione Teatro Biondo di Palermo / Festival di Spoleto 60
in collaborazione con Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale
Catania, Piccolo Teatro della Città, 27 – 31 marzo 2019 ore 21 (domenica ore 18)
Prezzo biglietto 20 euro (ridotto studenti universitari 10 euro)