La Natività
La nascita di Gesù è sobriamente descritta nel Vangelo di Luca (2,1-20), che narra come Maria e Giuseppe dovettero recarsi a Betlemme in occasione del censimento ordinato dall’imperatore Augusto e che <<fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria>>. Qui giunti Maria ebbe le doglie del parto e <<diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse nelle fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo>>.
A questo semplice racconto Luca conclude con l’annuncio ai pastori da parte dell’angelo, che li invita ad andare a Betlemme. Essi <<andarono senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia>>. Poi <<i pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto>>. L’evangelista Matteo è ancora più sintetico nel racconto: <<Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode>> (2,1).

Tra i Vangeli Apocrifi il più denso di particolari sulla nascita di Gesù è il Protovangelo di Giacomo, composto nel 150 circa. A questo racconto apocrifo si sono largamente ispirati artisti orientali e occidentali di ogni epoca.
Gli autori dei libri apocrifi hanno creduto di conoscere assai di più dei Vangeli canonici su come Gesù è venuto alla luce. I racconti apocrifi si possono ridurre a due correnti principali: una naturalistica, riferita all’anonimo autore dell’Ascensione di Isaia, ed una teologica narrata da Giacomo nel suo Protovangelo.
L’anonimo autore dell’Ascensione di Isaia, il cui nucleo originario potrebbe risalire alla fine del I sec. quando vivevano alcune persone che avevano avuto contatto con la prima generazione cristiana, scrive che Maria e Giuseppe erano in casa e <<trovandosi così Maria improvvisamente guardò con i suoi occhi e vide un bambinello. Ne rimase turbata. Cessato il turbamento, il suo seno si trovò come avanti la gravidanza. Quando il marito Giuseppe le chiese: Che cosa ti turba? I suoi occhi si aprirono; egli vedeva il bambino e lodava Dio perché il Signore era giunto fra loro>> (Asc. Is. XI).

La descrizione che fa il Protovangelo di Giacomo è più elaborata sia sotto l’aspetto narrativo che quello teologico: l’autore, con l’introduzione di molti episodi, vuol convincere il lettore sulla verginità di Maria e con l’immissione di idee teologiche che Gesù era veramente Dio. La luce è un segno della divinità, e Gesù stesso l’applicò a se stesso: <<Io sono la luce del mondo>> (Gv, 8,12). L’autore introduce la luce nella nascita e per maggior rilievo nella grotta. Alla nascita di Gesù, l’autore del Protovangelo Giacomo fa fermare per un istante tutta la natura, che lo riconosce come Dio. Nel viaggio verso Betlemme, mentre erano <<giunti a metà percorso, Maria disse a Giuseppe: <<Fammi scendere dall’asina, perché ciò che è in me mi preme per venire alla luce>>. L’aiutò a scendere dall’asina e le disse: <<Dove posso condurti per mettere a riparo il tuo pudore? Il luogo è deserto>>. Trovò là una grotta e la condusse dentro. Le lasciò vicino i suoi figli e, uscito cercava una levatrice ebrea nel territorio di Betlemme… trovò là una spelonca e la condusse dentro.Le lasciò vicino i suoi figli e, uscito, cercava una levatrice ebrea nel territorio di Betlemme. Ora io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai l’aere e lo vidi colpito da stupore. Guardai la volta del cielo e la vidi immobile; gli uccelli al cielo fermi. Abbassai lo sguardo al suolo e scorsi per terra un vaso: operai sedevan attorno con le mani nel vaso. Chi masticava non masticava più; chi portava alla bocca non portava più: i volti di tutti guardavano in alto. Ed ecco pecore spinte avanti, non andavan innanzi ma stavan ferme. Il pastore alzò la mano per percuoterle con il bastone; la mano restò in alto… Quindi tutto in un istante riprendeva corso>> (Prot. Giac. XVII,3; XVIII,1-2).
Giuseppe trovò una ostetrica e con lei <<si fermarono all’ingresso della spelonca ed ecco una nube luminosa copriva la spelonca. La levatrice disse: <<Oggi l’anima mia è stata glorificata, perché i miei occhi hanno visto cose meravigliose: è nata la salvezza per Israele! Improvvisamente la nube si ritraeva dalla grotta e la luce apparve là tanto forte che gli occhi non la sopportavano. Poco dopo quella luce cominciò a dileguarsi finché apparve il bambino, il quale si volse per prendere il seno di sua madre, Maria. Allora la levatrice esclamò: Oggi per me è un gran giorno: ho contemplato questo nuovo spettacolo!>> (Prot. Giac. XIX, 2).
La visione di Giuseppe, della sospensione della natura alla nascita di Gesù era un motivo molto sentito nel II secolo; ne parlava Ignazio d’Antiochia quando ricordava agli Efesini i tre misteri del cristianesimo svoltisi nel silenzio della natura: <<La verginità di Maria e del suo parto costrinsero il principe di questo mondo a ritrarsi nell’ombra. Così avvenne anche alla morte del Signore. E quei tre misteri che sembrano gridare, furono compiuti nella solitaria immobilità di Dio>> (Lettera agli Efesini, 19,11)
La liturgia utilizzò tale concetto, quella latina utilizzò tale concetto facendo iniziare l’antifona d’ingresso della Messa della Seconda Domenica dopo Natale con le parole del Libro della Sapienza: <<Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente, o Signore, è scesa dai cieli, dal trono regale>>(Sap 18,14-15). Un simile silenzio cosmico, che accompagna con la magica sospensione della vita l’avvento della nascita del Salvatore, è motivo fortemente poetico, esso si riallaccia al tema religioso del silenzio che accompagna gli avvenimenti più importanti della storia umana; questo tema è presente sia nella tradizione della nascita di personaggi religiosi, sia di personaggi della letteratura, ma mai, come nel brano sopra riportato, ha toccato una così trepida e ferma intensità di poesia.
Il filosofo Giustino, nato nel 100 circa a Naplus, l’antica Sichem di Samaria, convertito dal paganesimo e morto martire a Roma nel 165 circa, nel suo Dialogo con Trifone (Cfr. LXXIII,4-5) scrive che Giuseppe non poté trovare alloggio nel villaggio, quindi si sistemò in una grotta molto vicina a Betlemme e mentre era là, Maria dette alla luce Gesù e lo adagiò in una mangiatoia.
Lì si può vedere nella piccola abside una stella che sta a ricordare la luce divina menzionata da Protovangelo alla nascita del redentore. Da quel tempo la grotta a da oscura divenne <<lucida>>, in senso spirituale, a causa della luce divina, ossia di Cristo. L’arte cristiana si impadronì presto del motivo e l’arte bizantina è solita rappresentare la natività del Signore nella grotta con un raggio di luce che penetra le pareti posandosi sulla testa del Bambino adagiato nella mangiatoia. Tale luce è descritta, dall’anonimo autore degli Oracoli Sibillini (I libro vv. 323-325) con stile profetico, che il filologo Mario Erbetta (1924-2002) ha reso in italiano: <<Quando la fanciulla il Verbo di Dio altissimo genererà e la vergine al Logos di luce il nome imporrà / allora in oriente una stella , in pieno meriggio, fulgida e splendida, dall’alto dei cieli verso la terra apparirà / un gran segno presentando per i poveri mortali. / Sì, giunge in quel mentre agli uomini il Figlio di Dio potente, / il corpo terrestre, di carne avvolto ed ai mortali conforme. Quattro vocali egli reca e duplice consonante>. L’autore dell’VIII libro degli Oracoli Sibillini (v. 472-479), ripensa all’effetto che la nascita di Gesù fece nel cielo ed in terra: <<Grande prodigio per gli uomini! Nessuna meraviglia però per il Padre Dio e per Dio Figlio./ Al bimbo Nascente lieta la terra incontro volò. Il trono celeste sorrise ed il mondo godé, mentre un astro con nuovo splendore, divinamente predetto dai magi fu riverito. / Betlemme fu la patria del Logos per la nascita di Dio. / In fasce avvolto, un bimbo nella greppia apparve ai pastori di buoi e di capre, ai pastori di pecore, gente a Dio obbediente>>.

Ma voglio concludere questa breve ricerca riportando un inno del santo diacono Efrem di Nisibi (306-373), dottore della Chiesa, che è fra i più antichi scrittori di lingua siriaca e il più importante fra di essi: <<Un grande stupore si impossessa dell’uomo quando considera il miracolo che Dio scese prendendo dimora in un seno materno, che per la sua somma essenza assunse un corpo umano e per nove mesi abitò nel seno della madre senza contrarietà, e che quel seno di carne fu in grado di portare il fuoco, che la fiamma abitò nel corpo delicato senza bruciarlo. Proprio come il roveto sull’Oreb portava Dio nella fiamma, così Maria portò Cristo nel suo seno verginale. Attraverso l’udito, Dio entrò senza danni nel ventre materno e il Figlio di Dio poi ne uscì con purezza. La vergine concepì Dio e la sterile (Elisabetta) concepì il vergine (Giovanni), anzi il figlio della sterilità spuntò prima del germoglio della verginità. Un miracolo nuovo, Dio ha compiuto tra gli abitanti della terra: egli, che misura il cielo con la spanna, giace in una mangiatoia d’una spanna; egli, che contiene il mare nel cavo della mano, conobbe la propria nascita in un antro. Il cielo è pieno della sua gloria e la mangiatoia è piena del suo splendore. Mosè desiderò contemplare la gloria di Dio, ma non gli fu possibile vederla come aveva desiderato. Potrebbe oggi venire a vederla, perché giace nella cuna in una grotta. Allora nessun uomo sperava di vedere Dio e restare in vita; oggi tutti coloro che l’hanno visto sono sorti dalla seconda morte alla vita. E’ il grande prodigio che si è compiuto sulla nostra terra: il Signore di tutto è disceso su di essa, Dio si è fatto uomo, l’Antico è diventato fanciullo; il Signore si è fatto uguale al servo, il figlio del re si è reso come un povero errabondo. L’essenza eccelsa si è abbassata ed è nata nella nostra natura, e ciò che era estraneo alla sua natura lo ha assunto per il nostro bene. Chi non contemplerà con gioia il miracolo che Dio si è abbassato assoggettandosi alla nascita? Chi non si meraviglierà vedendo che il Signore degli angeli è stato partorito? Credilo senza dubitarne e sii convinto che tutto in verità si è svolto proprio così!>> (Inno per la nascita di Cristo, 1)
Diac. Dott. Sebastiano Mangano
già Cultore di Letteratura Cristiana Antica
nella Facoltà di Lettere dell’Università di Catania