Parlare del tempo, di chi ci ha lasciati, della nostra crescita, della metamorfosi negli anni di luoghi a noi cari, significa parlare di tutti noi, della nostra storia, di come eravamo e di come siamo diventati. Di tempo e di “tempi diversi”, per ognuno di noi, di passato e presente, di luoghi amati, di personaggi e di familiari che hanno accompagnato, guidato e indirizzato il proprio percorso di vita racconta con grande abilità, nel suo ultimo e interessantissimo lavoro, “Via del Popolo”, il pluripremiato attore, autore e regista calabrese Saverio La Ruina, uno dei più attivi esponenti del teatro contemporaneo. La pièce, prodotta da Scena Verticale, è stata proposta sabato scorso al Centro Zo di Catania nell’ambito della rassegna “AltreScene 2023”.
Il monologo, scritto, diretto ed interpretato da un sempre più maturo e convincente Saverio La Ruina, in circa novanta minuti, delicati e toccanti, è un affresco sulla memoria, sulla relatività del tempo che passa, sulla perdita e sul prezioso valore delle nostre radici. Ascoltando la coinvolgente narrazione autobiografica di La Ruina, si rimane incantati, coinvolti, nella potenza e nella magia delle evocazioni, nei brani musicali appena accennati, in quel luccichio di passato e di memoria che emergono in un mirabile testo, carico di grazia, eleganza, commozione e teatro puro. Saverio La Ruina, ancora una volta, dopo i successi con “Dissonorata – Delitto d’onore in Calabria”, “La Borto”, “Italianesi”, “Masculi e Fiàmmina”, colpisce nel segno con una pièce che apre squarci di verità, di ricordi lontani, di parole mai dette, proietta attraverso i luoghi, i personaggi, le storie, le caratteristiche familiari raccontate dal protagonista, nei meandri oscuri delle nostre memorie, nella dolcezza dell’infanzia, confrontando su più livelli, in modo delicato, tra un futuro nebuloso, passato e presente.
La Ruina si presenta al pubblico vestito con maglia e pantaloni neri e una giacca bianca da cameriere (il padre Vincenzo e lo zio Nicola gestivano il Bar Rio a Castrovillari) e tra lo sfondo caratterizzato da un orologio deformato alla Salvator Dalì, disegnato da Riccardo De Leo (riproduzione del celebre dipinto “La persistenza della memoria”) ed una scena, costruita da Giovanni Spina, con a terra file parallele di lumini bianchi che rimandano al cimitero, dove tutto ha inizio e ai lati dei marciapiedi di via del Popolo (cuore pulsante del centro, con bar e alimentari, negozi di artigiani e il cinema) inizia il suo viaggio, il suo intrigante racconto, nella Castrovillari della sua infanzia, negli anni 60, ripercorrendo la migrazione della famiglia dal silenzio della montagna del Pollino verso il centro affollato, brulicante di vitalità, chiassoso e ricco di luci di Castrovillari.
Con estrema abilità e dolcezza Saverio La Ruina racconta, interseca le sue vicende familiari (delizioso l’episodio del padre che a 84 anni si perde di notte in un campo di grano e la madre che lo cerca) con le peripezie di un personaggio immaginario, chiamato Trenta minuti, che è il tempo che impiega per percorrere l’intera via del Popolo, rispetto ai dei due minuti sufficienti oggi. Allora il tempo trascorreva perchè ci si fermava a chiacchierare in ogni bottega della via, dove vivevano straordinari personaggi, unici, quali l’elettricista Pino, che riparava le vecchie tv con i suoi colpetti, Pino del ristorante Pino con i suoi bicchierini di Kambusa, De Simone, il bigliettaio del cinema con il proiezionista che tagliava e incollava le pellicole in stile “Nuovo cinema Paradiso”, Mastru Giuvanni, il sarto zoppo a lutto per la morte della merciaia Ida di cui era innamorato, Tonino il macellaio, sosia di James Caan del “Padrino”, Zu Franciscu e Mastru Ninu degli alimentari e della falegnameria e tanti altri.
Saverio la Ruina ci introduce nel suo mondo e ci sembra di vedere con i nostri occhi il momento del trasferimento della sua famiglia a Castrovillari, nel Bar Rio di via del Popolo, quei vari personaggi che animavano le botteghe, il coerente e severo padre Vincenzo, la premurosa ed ansiosa madre Filomena, lo zio Nicola che gli aveva regalato un cronometro, magico strumento per fermare lo scorrere del tempo, le partite di calcio da bambino nei campetti di periferia, le divergenze politiche o il primo bacio ed i primi balli lenti che permettevano di avvicinarti alle ragazze – aspetti quest’ultimi, oggi quasi scomparsi dalla nostra memoria -e ancora l’inaspettata presenza di Julian Beck e del suo Living Theatre a Castrovillari. Ci pare anche di risentire, di rivivere i momenti delle mitiche canzoni di allora (“Let it be” dei Beatles, “Sognando la California” e “Io mi fermo qui” dei Dik Dik e poi “Quella carezza della sera” dei New Trolls, i Santo e California e “A whiter Shade of Pale” dei Procol Harum) tutti brani che aprono mille mondi, riportandoci ad un tempo, ahimè, ormei trascorso, che ha cambiato la nostra vita ed i luoghi della nostra memoria. La pièce, tra mille emozioni, personaggi e suggestioni pulsanti, si chiude poi con il delicato ed ultimo omaggio e saluto a papà Vincenzo, uomo di poche parole e con l’addio ai tempi andati via inesorabilmente e che nemmeno il cronometro di zio Nicola ha potuto fermare..
Quella di La Ruina è una scrittura pulsante, sospesa tra dialetto e italiano, dialogo e narrazione, emozione ed ironia, è una vicenda personale con uno sguardo collettivo. L’autore ed interprete in via del Popolo ancor oggi ci vive e proprio li è cresciuto, ha giocato, studiato, lavorato, vissuto. Originale l’allestimento di Giovanni Spina, efficace il gioco luci di Dario De Luca, lieve, possente, delicata la regia dello stesso La Ruina che sa regalare anche stavolta un piccolo gioiello di drammaturgia, grondante di riflessioni e di puro teatro. Quello di cui, oggi, tutti abbiamo bisogno, alle prese con un tempo fuori tempo e che pare scorrerci addosso, inutilmente.
Lunghi e convinti applausi durante ed alla fine del lavoro per un artista di notevole spessore che continua a sorprendere per la sua capacità di raccontarsi e raccontare. Sulla scena La Ruina non delude mai, anzi fa emergere mille emozioni, tanti ricordi e segreti che, magari, spesso, preferiamo tenere imprigionati dentro.
La scheda
Via del Popolo
di e con Saverio La Ruina
Disegno luci Dario De Luca
Collaborazione alla regia Cecilia Foti
Audio – luci Mario Giordano
Allestimento Giovanni Spina
Dipinto Riccardo De Leo
Amministrazione Tiziana Covello
produzione Scena Verticale
Organizzazione generale Settimio Pisano
Rassegna AltreScene 2022/2023- Centro Zo di Catania – 25 febbraio 2023