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Lavoratori disoccupati e accesso all’APE Sociale: cosa dice la Cassazione?

La sentenza n. 7846 del 25 marzo 2025 della Corte di Cassazione ha fatto luce su un punto controverso riguardante l’accesso all’APE Sociale, l’indennità economica prevista per determinate categorie di lavoratori in condizione di disagio.

In particolare, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di un lavoratore che si era visto negare il beneficio per non aver fruito dell’indennità di disoccupazione nei tre mesi precedenti alla domanda. Secondo i giudici di legittimità, però, tale requisito non è indispensabile ai fini del riconoscimento dell’APE Sociale.

Ma facciamo un passo indietro per capire meglio.

Cos’è l’APE Sociale?

L’APE Sociale (Anticipo Pensionistico Sociale) è un’indennità introdotta in via sperimentale dalla Legge di Bilancio del 2017 (art. 1, comma 179, Legge n. 232/2016), destinata a soggetti in condizioni lavorative o personali svantaggiate, che si trovano a pochi anni dalla pensione di vecchiaia.

Può farne richiesta chi ha almeno 63 anni di età, 30 o 36 anni di contributi (a seconda dei casi) e si trovi in una delle seguenti situazioni:

  • disoccupato;
  • invalido civile almeno al 74%;
  • caregiver familiare;
  • addetto a mansioni gravose.

La prestazione viene erogata fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione ordinaria. Non è una pensione, ma un aiuto economico “ponte” pensato per tutelare chi, a causa della perdita del lavoro o delle difficili condizioni personali, si trova in una situazione di fragilità.

Il diritto all’APE sociale spetta anche senza NASpi?

Uno dei punti più dibattuti negli anni riguarda il primo requisito: la disoccupazione. Secondo una certa interpretazione, per accedere all’APE Sociale era necessario non solo essere disoccupati, ma anche aver terminato da almeno tre mesi la fruizione dell’indennità di disoccupazione (come la NASpI).

Questo è stato il fulcro della vicenda analizzata nella sentenza 7846/2025.

Un lavoratore, dopo essere stato licenziato, aveva fatto domanda per l’APE Sociale. Tuttavia, non aveva percepito l’indennità di disoccupazione, in quanto non gli spettava. Nonostante fosse effettivamente disoccupato, l’INPS gli aveva respinto la domanda per l’APE, ritenendo mancante il requisito della fruizione dell’indennità.

La Cassazione cambia rotta

La Corte d’appello di Napoli aveva confermato la decisione del Tribunale di primo grado, ma la Cassazione ha ribaltato tutto.

I giudici hanno chiarito che il requisito della fruizione dell’indennità di disoccupazione nei tre mesi precedenti non può essere considerato imprescindibile.

Ciò che davvero conta è la reale condizione del lavoratore.

In altre parole, secondo la Suprema Corte, non si può penalizzare chi è in una situazione di bisogno maggiore – perché, oltre a essere disoccupato, non ha ricevuto nemmeno l’indennità. La norma non può essere letta in modo da generare un’ingiustificata disparità di trattamento tra chi ha percepito la NASpI e chi non ne aveva diritto.

Implicazioni pratiche per i lavoratori

La decisione della Cassazione è particolarmente rilevante per tanti lavoratori che, pur trovandosi in stato di disoccupazione, non riescono ad accedere all’APE Sociale a causa di interpretazioni troppo rigide delle norme.

Chi si è trovato in questa situazione, ora ha uno strumento in più per far valere i propri diritti.

Inoltre, la sentenza sottolinea l’importanza del rispetto dei principi costituzionali di eguaglianza e solidarietà, che devono guidare l’interpretazione delle norme in materia previdenziale.

Cosa può fare un lavoratore in caso di rigetto?

Se un lavoratore ha ricevuto un diniego da parte dell’INPS per la domanda di APE Sociale e si trova in una situazione simile a quella descritta nella sentenza, è possibile presentare un ricorso amministrativo e, se necessario, adire il giudice del lavoro.

In questi casi, è fondamentale avere una consulenza legale adeguata, in grado di valutare i presupposti giuridici, raccogliere la documentazione necessaria e supportare il lavoratore nel percorso di riconoscimento del beneficio.

Chi affronta situazioni di questo tipo può trovare informazioni rivolgendosi a un avvocato del lavoro esperto del settore.

Conclusioni

La sentenza n. 7846/2025 rappresenta un passaggio importante nella tutela delle persone più vulnerabili, riconoscendo che il diritto all’APE Sociale non può dipendere esclusivamente dalla percezione di un’altra prestazione.

Questa interpretazione più equa apre la strada a una maggiore inclusività, nel rispetto dei valori fondamentali della nostra Costituzione.

Un messaggio forte, soprattutto in un’epoca in cui il lavoro precario e le carriere discontinue sono all’ordine del giorno.

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